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Anni Europei
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GLI ANNI EUROPEI
Il matrimonio celebrato a Verona il 30 gennaio 1924 con Paul Jockl, viennese, segna una svolta nella vita della Sartorari. L’incontro è avvenuto casualmente davanti afla tenuta di San Ciriaco di Negrar, dove la giovane vive con i genitori. Come figura in un dipinto dei primi anni Venti, egli le appare in divisa militare seduto sopra un masso, solitario come in attesa di un compagno o in riposo dopo un lungo cammino.Da allora l’artista seguirà il marito, rappresentante di un’affermata ditta di calzature, nei suoi numerosi viaggi all’estero. Attraverso i suoi quadri è possibile seguire le varie tappe dei lunghi itinerari per l’Europa che saranno frequenti soprattutto nel corso degli anni Trenta. Nel 1932 è a Tarbes e a Gandes, l’anno seguente a Calais, quindi tra il 1934 e il 1935 a Grenoble, Lione e Bordeaux e in seguito a Mentone.Un canale in Francia databile al 1936, esposto nel 1985 a Verona nella ricca antologica presentata da Gian Luigi Verzellesi, è una piccola tavola condotta con sapiente armonia tonale di cui lo stesso critico, in uno scritto inedito, ne sottolinea con intenso lirismo le qualità luministiche e compositive. “Il visitatore dall’occhio sensibile noterà che, tra i paesaggi della Sartorari “Un canale di Francia” (...) costituisce uno degli apici qualitativi, in cui il “sostrato storico” (ossia il riferimento denotativo al paesaggio così come era, quasi in posa, sotto lo sguardo dell’artista) non ha impedito afla pittura di crescere in un’opera di velato contrappunto visivo: di certo realizzata all’aperto, sul posto, ma così mirabilmente trasformata - rispetto alla re¬altà effettuale visibile quel giorno, a quella certa ora che non suscita alcuna curiosità o nostatgia del vero’ ormai irrecuperabile”.I viaggi all’estero offrono alla Sartorari l‘occasione per ampliare e approfondire la conoscenza dei maestri dell’arte francese e inglese. Se la produzione artistica degli anni Venti è volta a ricercare e definire le direttrici del suo linguaggio, le opere del decennio successivo, innovando con minime variazioni la tecnica pittorica, si distinguono per il perfezionarsi ulteriore di alcuni postulati maturati tramite l’elaborazione delle esperienze passate.Il repertorio iconografico è alquanto eterogeneo. L’attenzione non disdegna i moli, i punti di attracco delle imbarcazioni o il loro lento transitare lungo il fiume. La sagoma di un veliero, forse mutuata dalla finzione fotografica, stupisce per l’abilità nel definire i contorni mediante solchi nella pasta cromatica attraverso quali traspare il colore scuro del supporto.Si susseguono in questi anni scorci di vie, larghe visioni a volo d’uccello sulle città, rese mediante soIuzioni formali che si adeguano di volta in volta ai soggetti. Per dipingere i tetti di Parigi la pittrice ricorre a pennellate magrissime che lasciano sulla superficie del cartone filamenti esili e fitti come tratti a matita. L’atmostera impalpabile delle brumose giornate d’inverno emerge in tutta la sua malinconica solitudine, silente e ovattata, come inghiottita nel vilup¬po immateriale delle nebbie. A Gandes le case viste dall’alto in un quadro del 1932 rivelano singolari assonanze con analoghi contesti urbani dipinti dieci anni prima da Guido Trentini e Zamboni. Simili sono la materia smaltata delle facciate e le increspature minacciose delle nubi che si addensano in cielo.I ritratti scompaiono quasi del tutto per limitarsi ad alcuni fotogrammi di vita domestica nei quali ricorre la figura del marito mentre siede davanti alla macchina da scrivere, intento al lavoro. Il segno ha perso ogni febbrile irruenza per placarsi in tocchi che non alterano e non umiliano la freschezza dell’immagine, mentre le tinte non sconfinano oltre la gamma delle terre a esaltare la calda atmosfera degli interni.A distanza di quattordici anni la Sartorari torna a esporre in una mostra personale aperta tra il 19 e il 30 ottobre 1937 presso la Goupil Gallery in Burlington Gardens a Londra. Sessantotto sono i lavori riuniti che documentano attraverso diverse tematiche la produzione dell’ultimo periodo. Le recensioni uscite su quotidiani britannici quali il “Times” e il “Daly Mail” commentano il sapiente equilibrio compositivo e cromatico con cui sono risolti i dipinti. Nel repertorio eterogeneo che annovera opere quali Ragazze al lavoro, Pomeriggio sulle montagne, Piazza S. Pietro a Roma, il cesto di frutta, Mercato a Perigueux, Giornata piovosa a Ca stres e Carnelie, spiccano per il sensibile gusto decorativo alcune nature morte, tra cui Il vaso cinese, e per rattenuta emotività studi di figura come La paziente, in cui la fanciulla appare con la testa ancora fasciata mentre posa seduta davanti a un mobile. Le vedute dei luoghi più familiari all’artista, dipinti presso il Lago di Garda o nei dintorni montuosi di Verona, si affiancano alle numerose impressioni di viaggio riportate a Toulouse, Limoges, Lione, Londra, Castres, Bordeaux, Calais, dove l’ordito dei colori nasce dall’alternanza di pennellate dense e di stesure diluite e trasparenti. La semplicità espressiva, che deriva da un approccio diretto con il soggetto, testimonia un temperamento modesto, volto a rifuggire virtuosimi stilistici o intricati giochi compositivi. Nelle vedute “europee” ella predilige, anche nelle città cosmopolite, gli angoli meno affollati, frequentati dalla quieta borghesia nei momenti di svago. Nei parchi londinesi si sofferma a osservare una carrozzina accanto alla quale siede la madre intenta alla lettura. A Parigi abbandona il fervore delle grandi arterie per appartarsi in una piazza deserta, dove la prospettiva degli alberi si chiude contro la quinta scenica degli antichi palazzi che digrada verso un punto di fuga esterno al quadro. Come rapidi appunti di un diario personale, aggiornato senza regolare frequenza, le opere non riflettono ambizioni retoriche, non illustrano grandi eventi ma concentrano l’attenzione su episodi di una storia quotidiana di cui chiunque può essere partecipe. Rare sono le nature morte eseguite negli anni Trenta e tuttavia le poche note sono definite con un vigore compositivo rafforzato da contrasti timbrici decisi. Tra le più significative si segnata un dipinto databile al 1933, caratterizzato dalla visione ravvicinata degli oggetti dietro ai quali si dispiega la sontuosa cortina di un drappo. Il colore è brillante, con accenni di pastosità limitate ai frutti in primo piano. Compaiono tutte le componenti canoniche del soggetto:la bottiglia, il bicchiere, un grappolo duva, alcune mele, una collana confusa nel tripudio detta stoffa e l’elemento floreale che trionfa nella finzione del tessuto. Ne risulta una composizione solida, corposa, diversa dai saggi precedenti intrisi talora di suggestioni ottocentesche. La presenza al retro di una marca da bollo e di un timbro del 1937 induce a ritenere che l’opera sia una di quelle selezionate per la mostra personale tenutasi nello stesso anno a Londra. Accostabile per temperamento ma più drammatica nelle soluzioni cromatiche è il quadro riferibile al 1935, centrato sulla visione di una zucca tagliata, una cipolla e alcune carote riunite in un piatto. Il piano del tavolo definisce lo spazio, chiuso al retro da un fondale cupo che accentua il contrasto con le tinte luminose e intense dei soggetti in primo piano. La materia si addensa in pennellate sinuose senza esaspersi in un groviglio intricato di segni. Come è consuetudine nei dipinti della Sartorari, anche le nature morte non recano titolo, quasi a ribadire che il concetto logico non suscita alcun interesse in un fare pittorico risolto nella sua pura esecuzione. Permane nei lavo-ri di questo periodo il gusto di costruire l’immagine evitando il disegno preliminare. La padronanza del mezzo tecnico, perfezionata in anni di esercizio, consente all’artista di dosare con sapienza la densità del colore e di equilibrare con disinvoltura i vuoti e i pieni descrivendo il soggetto per tocchi rapidi e in |
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